Il contributo IVS è uno dei più importanti sistemi di previdenza sociale che viene gestita dall’INPS, che ha tra le sue responsabilità principali quella di erogare prestazioni economiche in favore dei lavoratori che attraversano momenti di difficoltà o sono impossibilitati a svolgere le loro mansioni.

Cos’è esattamente l’IVS, chi lo paga e come si calcola questo contributo prezioso in busta paga? Ecco una guida completa per comprendere più a fondo questa forma previdenziale.

 

COSA SONO I CONTRIBUTI IVS?

Partiamo dal definire il significato dell’acronimo IVS: tale sigla sta per “Invalidità, Vecchiaia e Superstiti” e si tratta di un contributo versato all’INPS da tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e da alcune categorie di autonomi, attraverso una trattenuta in busta paga oppure un pagamento diretto.

Lo scopo di questo fondamentale fondo è quello di contribuire alle spese che l’INPS affronta nei casi in cui un lavoratore non possa più svolgere le sue mansioni per invalidità, anzianità o decesso (in quest’ultimo caso, il sostegno è rivolto agli eredi del deceduto). Si tratta, quindi, di un essenziale contribuzione previdenziale che concorre, insieme ad altre forme di tutela, a preservare la capacità di sostentamento dei lavoratori, anche nei casi di estrema difficoltà.

 

CHI DEVE PAGARE L’IVS?

La trattenuta o il versamento dell’IVS è prevista per diverse categorie di lavoratori, quali:

  • i dipendenti del settore privato, assunti a tempo determinato e indeterminato;
  • gli artigiani e i commercianti;
  • gli apprendisti;
  • i coltivatori;
  • gli autonomi iscritti alla Gestione Separata INPS;
  • gli artisti;
  • i giornalisti iscritti all’INPGI.

Invece, i dipendenti pubblici e alcune specifiche tipologie di autonomi non sono tenuti a versare alcun contributo IVS e si appoggiano ad altre tipologie di tutela, gestite dall’INPS o in maniera indipendente, in caso di inabilità al lavoro.

 

QUANDO E COME VIENE VERSATA LA QUOTA IVS?

L’aliquota dedicata all’IVS per i dipendenti risulta per la maggior parte in capo al datore di lavoro e in piccola parte a carico del lavoratore, che si vede applicare delle trattenute mensili in busta paga.

Per i subordinati, quindi, l’IVS è versato dal datore di lavoro in quattro rate trimestrali e con scadenza il 16 febbraio, il 16 maggio, il 16 agosto e il 16 novembre.

Invece, i liberi professionisti che sono iscritti alla Gestione Separata INPS devono versare la quota IVS attraverso il modello F24, fornito dal commercialista.

 

COME CALCOLARE IL CONTRIBUTO IVS IN BUSTA PAGA

Le aliquote INPS finalizzate a finanziare l’assicurazione IVS sono variabili e si aggirano attorno al 33% totale, di cui il 9,19% è in capo al lavoratore. Tali aliquote si applicano alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali, che solitamente corrisponde a quella lorda, tranne le cifre esenti da contribuzione.

Per i lavoratori che non hanno un’anzianità contributiva e iscritti dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie o quelli iscritti che hanno già esercitato l’opzione per il sistema contributivo di calcolo della pensione, è previsto un massimale annuo di retribuzione assoggettabile ai contributi IVS. Tale cifra è rivista annualmente e rivalutata sulla base dell’indice dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat (per il 2023 corrisponde a 113.520,00 euro).

È previsto anche un minimale di retribuzione assoggettabile a IVS, da tenere in considerazione nel caso in cui la retribuzione giornaliera del lavoratore fosse inferiore. Anche tale valore è comunicato dall’INPS ogni anno, sempre in base al costo della vita (per il 2023 il minimale giornaliero è di 53,95 euro).

Esistono anche un’aliquota aggiuntiva dell’1% (a carico del lavoratore) richiesta, ad esempio, ai dipendenti il cui compenso eccede la prima fascia di retribuzione pensionabile (corrispondente a 52.190,00 euro per il 2023). Come possono presentarsi anche riduzioni o esoneri dall’aliquota IVS previste dalle politiche di diminuzione del cuneo fiscale.

Le casistiche sono comunque numerose e sono molti i fattori a incidere sul calcolo del contributo IVS.

Per sapere a quanto ammonta esattamente il tuo contributo IVS è bene tenere in considerazione elementi quali il tuo contratto specifico, il tuo ruolo, la tua anzianità, l’età anagrafica, la dimensione della tua azienda o la sua posizione geografica e altri dettagli.

Per conoscere più approfonditamente la tua situazione puoi chiedere una consulenza al Reparto Risorse Umane della tua azienda, che saprà aiutarti a capire meglio i calcoli relativi all’IVS, ma anche a leggere la busta paga nel suo complesso (RAL, ferie, permessi, contingenza, ROL e tutte le altre voci che la compongono).

Puoi anche scegliere di rivolgerti direttamente all’INPS o a un patronato, che potrà darti supporto competente in merito alle questioni contributive.

 

CHI HA DIRITTO ALL’ESONERO IVS?

La Manovra di bilancio del 2022 (Legge n. 197 del 29 dicembre 2022) ha introdotto degli importati esoneri contributivi in favore dei dipendenti assoggettati all’IVS, validi per il periodo che va dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023.

L’esonero sulla quota IVS è previsto per tutti i lavoratori, anche per quelli in apprendistato (ma ad esclusione dei lavoratori domestici) ed è calcolata in base ai seguenti parametri:

  • il 2%, se la retribuzione imponibile non eccede i 2.692,00 Eur;
  • il 3%, qualora la retribuzione imponibile non ecceda i 1.923,00 Eur.

 

QUANDO VIENE RESTITUITO IL CONTRIBUTO IVS?

L’IVS è un contributo che copre diverse casistiche, quali invalidità, anzianità e decesso del lavoratore. Il diritto a ricevere i contributi scatta, quindi, quando si presenta una di queste eventualità. Come accennato, se nei primi due casi è il lavoratore a ricevere il contributo di sostegno, in caso di morte del lavoratore, le cifre accumulate grazie all’IVS vengono erogate in favore degli eredi.

 

COSA SUCCEDE SE NON PAGO IVS?

Il mancato pagamento dell’IVS equivale a un mancato pagamento di contributi previdenziali, il quale prevede sanzioni anche molto pesanti. Se un datore di lavoro o un autonomo si accorgono di non aver versato le quote IVS, possono essere soggetti a controlli dell’Agenzia delle Entrate, che in caso di mancato pagamento invia un primo avviso bonario, con un invito a versare le quote mancanti maggiorate di sanzioni e interessi.

Qualora gli avvisi bonari vengano ignorati, l’AdE può procedere con la riscossione tramite cartella esattoriale, che conterrà i contributi non versati, gli interessi corrispondenti al ritardo e sanzioni decisamente più corpose. È importante anche sottolineare che il mancato pagamento dei contributi previdenziali, IVS compreso, rappresenta una delle motivazioni di dimissioni per giusta causa del lavoratore.

Insomma, il contributo IVS è un diritto per chi lavora e rappresenta un’importante forma di contribuzione e di tutela. Versarlo è, quindi, un preciso dovere, da rispettare per poter contare su essenziali strumenti di sostegno quando dovessero occorrere.

 

 

 

 

 

 
 
 
 

 

 

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