La malattia rappresenta una delle principali cause di assenza dal lavoro e la legge italiana tutela in questi casi i lavoratori prevedendo un certo numero di giorni massimi di assenza retribuita. Tuttavia, il numero esatto di giorni, le modalità di calcolo e le conseguenze in caso di superamento variano in base al tipo di contratto, al settore di appartenenza (pubblico o privato) e al contratto collettivo applicato.

Comprendere questi aspetti è fondamentale per chi lavora e desidera conoscere i propri diritti in caso di problemi di salute. Le regole sono pensate per garantire un equilibrio tra le esigenze aziendali e la tutela della persona, offrendo strumenti di protezione ma anche sanzioni in caso di abuso dell’istituto o mancato rispetto degli obblighi previsti. Questo approfondimento chiarisce ogni aspetto utile per orientarsi tra comporto, indennità, visite fiscali e tutele previste per i periodi di malattia.

 

Malattia e lavoro: cosa prevede la legge

Il quadro normativo italiano prevede che, in caso di malattia, la persona che lavora subordinatamente abbia diritto a determinate tutele. Tra queste, rientrano la conservazione del posto di lavoro per un determinato periodo e il diritto a ricevere un’indennità economica sostitutiva dello stipendio. La legge disciplina questi aspetti attraverso norme generali, ma è soprattutto il contratto collettivo nazionale di riferimento (CCNL) a dettagliare le modalità specifiche di fruizione, i limiti temporali e le percentuali retributive.

Inoltre, l’obbligo di comunicare tempestivamente l’assenza e fornire un certificato medico è un elemento imprescindibile, pena la perdita dell’indennità e la possibile applicazione di sanzioni disciplinari. Alcuni CCNL possono prevedere anche integrazioni a carico del datore, garantendo una retribuzione quasi piena nei primi giorni di assenza.

 

Cosa si intende per “giorni massimi di malattia”

Quando si parla di giorni massimi di malattia, ci si riferisce al periodo di comporto, ovvero al tempo massimo durante il quale una persona può assentarsi per motivi di salute mantenendo il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Questo limite varia ampiamente a seconda del contratto collettivo applicato e può essere strutturato in modi diversi.

Comporto secco vs comporto per sommatoria

Nel comporto secco, il conteggio dei giorni si applica a un’unica assenza prolungata: ad esempio, 180 giorni consecutivi di malattia. Nel comporto per sommatoria, invece, si sommano tutte le assenze per malattia nell’arco di un determinato periodo (solitamente 12 mesi), anche se non consecutive. Questa seconda modalità è più diffusa e permette una gestione flessibile delle assenze, ma può generare sorprese se non si tiene traccia dei giorni accumulati.

Differenze tra settori e contratti collettivi

Ogni CCNL disciplina in modo autonomo i limiti del comporto, tenendo conto delle specificità del settore. Ad esempio, nel settore metalmeccanico il comporto può arrivare fino a 12 mesi, mentre nel commercio è spesso limitato a 180 giorni. Alcune categorie particolarmente esposte a rischi, come il settore sanitario, possono beneficiare di periodi più estesi o di regole specifiche per malattie professionali e infortuni.

 

Giorni massimi di malattia nel settore privato

Nel settore privato, la durata del comporto è stabilita dal CCNL e di norma oscilla tra i 180 e i 365 giorni. Questo periodo può essere continuativo o calcolato per sommatoria. Al termine del comporto, l’azienda ha la facoltà di procedere con il licenziamento, anche se deve rispettare obblighi informativi e tempistiche precise.

Cosa succede in caso di superamento

Il superamento del comporto costituisce una causa legittima di licenziamento, ma la procedura deve essere trasparente e documentata. In alcuni casi, la persona può chiedere una proroga, oppure accedere a forme alternative di sospensione del rapporto (come l’aspettativa non retribuita). Alcuni CCNL prevedono una comunicazione preventiva da parte del datore prima dell’interruzione del contratto.

 

Giorni massimi di malattia nel settore pubblico

Nel settore pubblico, il comportamento varia a seconda del comparto, ma la tendenza generale è quella di garantire maggiori tutele. In molte amministrazioni, il comporto può raggiungere i 18 mesi, eventualmente prorogabili nei casi di particolare gravità. Inoltre, per alcune categorie (es. docenti, operatori sanitari), sono previste regole specifiche, anche per malattie da infortunio sul lavoro.

Cosa succede se si superano i giorni massimi di malattia

Il superamento del periodo di comporto non implica automaticamente la cessazione del rapporto. Tuttavia, l’azienda o l’amministrazione pubblica ha il diritto di valutare la situazione e, se non vi sono margini per una riammissione al lavoro, può procedere con la risoluzione del contratto.

 

Rischio di licenziamento per superamento del comporto

Il licenziamento per superamento del comporto è legittimo, a condizione che venga motivato e comunicato nel rispetto delle tempistiche previste. Non è necessario che l’azienda dimostri l’impossibilità di sostituire la persona, ma deve evitare discriminazioni o errori procedurali.

Tutela del lavoratore in casi gravi (es. malattie oncologiche)

Nel caso di terapie salvavita, trattamenti oncologici o malattie gravi e invalidanti, molti CCNL prevedono forme di tutela rafforzata. In tali casi i  giorni di assenza non vengono computati nel comporto, oppure viene riconosciuta la possibilità di sospendere il conteggio in presenza di cure intensive o prolungate.

Aspettativa non retribuita come alternativa

L’aspettativa non retribuita può rappresentare una soluzione per evitare il licenziamento. Se previsto nel CCNL applicato, l’aspettativa potrebbe essere richiesta dal lavoratore malato  in modo da consentire il prolungamento dell’assenza senza perdere il proprio posto di lavoro.

 

Indennità di malattia: quanto si percepisce

L’indennità di malattia è generalmente erogata dall’INPS, con percentuali che variano in base alla durata dell’assenza. Per i primi tre giorni (periodo di carenza), spesso non è prevista alcuna indennità, salvo integrazione aziendale. Dal quarto giorno, l’INPS garantisce circa il 50-66% della retribuzione media giornaliera, con aumenti progressivi nei casi di assenze prolungate o reiterate. Alcuni datori integrano l’indennità fino al 100% nei primi 30 o 45 giorni.

 

Come viene calcolata la malattia

Il calcolo dell’indennità si basa su parametri precisi: numero di giorni di calendario, percentuali stabilite per fasce di assenza (0-20, 21-180, oltre 180 giorni) e eventuali integrazioni previste dal CCNL. Anche il livello di inquadramento contrattuale e l’anzianità aziendale possono influire. È importante verificare ogni voce in busta paga per comprendere esattamente quanto si percepirà durante l’assenza.

 

Visite fiscali e obblighi durante la malattia

Durante l’assenza per malattia, la persona ha precisi obblighi di reperibilità, cioè deve essere disponibile a ricevere la visita del medico incaricato dall’INPS.

Le fasce orarie di reperibilità sono dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00. Queste fasce valgono anche nei weekend e nei giorni festivi, salvo deroghe giustificate da documentazione medica.

Controlli INPS: cosa succede in caso di assenza

Se durante la visita il medico non trova la persona all’indirizzo comunicato, può scattare la sospensione dell’indennità. La persona ha comunque diritto di giustificare l’assenza, ma dovrà fornire prove attendibili e coerenti con lo stato di salute. In caso di assenza ingiustificata o di rifiuto della visita, oltre alla sospensione dell’indennità, possono essere applicate sanzioni disciplinari e persino il licenziamento per giusta causa.

Tutti i dettagli sono disponibili nella guida dedicata qui.

 

 


Fonte:

 

Indennità di malattia: giorni massimi di malattia | Gi Group

 

 

 

 
 
 
 

 

 

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