Il turnover rappresenta uno degli indicatori più significativi della salute di un’organizzazione. Osservarne l’andamento, comprenderne le cause e saperlo gestire è fondamentale per qualsiasi realtà aziendale orientata alla sostenibilità, alla performance e alla valorizzazione delle persone.

Spesso interpretato solo come segnale di instabilità, il turnover può in realtà offrire spunti preziosi di miglioramento e persino contribuire all’innovazione, se gestito con consapevolezza. In questo articolo analizziamo nel dettaglio cosa si intende per turnover, come si calcola, quali sono le sue cause e – soprattutto – come le aziende possono governarlo in modo efficace.

 

Cos’è il turnover e perché è importante monitorarlo

Monitorare il turnover significa tenere sotto controllo la rotazione del personale. È un dato che racconta molto più di quanto sembri: può svelare criticità interne o, al contrario, rappresentare una fase naturale del ciclo di vita aziendale.

Definizione e tipologie di turnover

Il turnover può essere classificato in diverse forme:

  • volontario: quando è la persona a scegliere di lasciare l’azienda, ad esempio per insoddisfazione, nuove opportunità o motivi personali;
  • involontario: quando è l’azienda a interrompere il rapporto, per ragioni economiche, ristrutturazioni o performance non in linea;
  • fisiologico: comprende pensionamenti, trasferimenti, fine contratti a termine, ovvero movimenti considerati normali all’interno di un ciclo aziendale.

Cosa può indicare un alto o basso tasso di turnover

  • Un turnover elevato e costante può indicare difficoltà di leadership, clima interno negativo, mancanza di prospettive o mismatch nella selezione.
  • Un turnover troppo basso, al contrario, potrebbe suggerire stagnazione, scarso ricambio generazionale o rigidità organizzativa.

 

Come si calcola il tasso di turnover del personale

Per misurare l’effettivo impatto del turnover, è utile applicare formule semplici ma standardizzate, tenendo conto delle peculiarità dell’organico aziendale.

Formula standard e variabili da considerare

Il calcolo classico del tasso di turnover è:

(N. di uscite / N. medio di dipendenti) × 100

Dove:

  • le uscite sono quelle avvenute in un determinato periodo (es. anno solare);
  • il numero medio di dipendenti si calcola facendo la media fra l’organico all’inizio e alla fine del periodo.

È possibile affinare il dato:

  • distinguendo tra turnover volontario e involontario;
  • considerando settori, sedi o reparti specifici;
  • analizzando il turnover a 12 mesi nelle nuove assunzioni.

Esempi pratici di calcolo

Esempio

  • Inizio anno: 100 dipendenti
  • Fine anno: 110 dipendenti
  • Media: 105
  • Uscite: 15 persone
    (15 / 105) × 100 = 14,3%

Questo dato va poi interpretato alla luce del contesto aziendale e del settore di riferimento.

 

Le cause principali del turnover nelle organizzazioni

Comprendere le cause del turnover è essenziale per agire in modo preventivo e strutturato.

Fattori interni

  • Cultura aziendale non inclusiva o poco riconoscente
  • Mancanza di percorsi di crescita professionale
  • Clima relazionale critico o comunicazione inefficace
  • Carichi di lavoro eccessivi o organizzazione non chiara

Fattori esterni

  • Elevata attrattività di competitor diretti
  • Aumento della domanda nel settore di riferimento
  • Cambiamenti nel mercato del lavoro, che favoriscono la mobilità (es. nuove modalità di lavoro ibride o da remoto)

 

Impatti del turnover su costi, performance e reputazione

Il turnover ha un costo economico diretto, ma anche impatti più ampi su produttività, engagement e immagine aziendale.

Costi diretti e indiretti del ricambio di personale

  • Costi di selezione e inserimento della nuova risorsa.
  • Tempo dedicato alla formazione e al passaggio di consegne.
  • Perdita di competenze e memoria organizzativa.
  • Riduzione della produttività nei periodi di transizione.

Impatto sull’engagement e sulla continuità operativa

Turnover elevato o mal gestito può:

  • minare la motivazione del team;
  • generare instabilità nei processi interni;
  • compromettere la customer experience se coinvolge ruoli chiave o front-line.

 

Strategie per prevenire un turnover eccessivo

Ridurre il turnover non significa trattenere le persone a ogni costo, ma creare le condizioni perché le persone scelgano di restare.

Percorsi di carriera e sviluppo

  • Strutturare piani di crescita trasparenti;
  • promuovere la mobilità interna;
  • investire in upskilling e reskilling mirati.

Clima organizzativo e politiche di retention

  • Ascolto attivo e leadership inclusiva;
  • welfare aziendale e work-life balance;
  • sistemi di riconoscimento equi e visibili.

Ascolto e analisi delle cause di abbandono

  • Condurre exit interview in modo sistematico;
  • identificare pattern ricorrenti;
  • utilizzare i feedback per migliorare processi e ambiente.

 

Quando il turnover può essere positivo

Non tutto il turnover è da evitare: in alcuni casi può rappresentare una risorsa di rinnovamento.

Ricambio generazionale e innovazione

L’ingresso di nuove risorse può:

  • portare competenze aggiornate;
  • stimolare il cambiamento culturale;
  • favorire l’introduzione di nuove metodologie e visioni.

Uscite fisiologiche e riorganizzazione dei team

  • Le uscite naturali (es. pensionamenti) offrono opportunità di ridefinizione delle responsabilità;
  • in alcuni casi, una gestione attenta del turnover può snellire processi, favorire la valorizzazione interna e correggere disallineamenti organizzativi.

 

Interpretare il turnover per migliorare l’organizzazione

Osservare il turnover con un approccio analitico e strategico aiuta le aziende a non subirlo, ma a trasformarlo in un indicatore di crescita. Monitorare, leggere e agire sul turnover significa infatti:

  • fare evolvere la cultura aziendale;
  • potenziare le strategie di talent retention;
  • rendere l’impresa più agile, attrattiva e sostenibile nel tempo.

 

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Fonti:

 

 

 
 
 
 

 

 

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